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Il Bar Doria

Questa intervista risale a fine febbraio, settimana della moda. Il virus c’era ma solo in Cina o perlomeno così sembrava. Ricordo quelle due-tre ore al Doria come uno dei migliori incontri di sempre e la mia intervista in assoluto più dolce. Avevo promesso a Bruno, il Cavaliere (per davvero) ma anche l’Ammiraglio (si veste così), che sarei tornata 5 giorni dopo per il Just Cavalle, ma poi il virus si è avvicinato, le serate sono saltate, i locali hanno chiuso e io, del Doria, non ho più scritto.

Chiedo scusa a Maurizio, Bruno e Tamara se pubblico solo ora, con informazioni un po’ annebbiate e tre mesi di ritardo. Non sarò accuratissima, ma spero che tra le righe si riesca a sentire che per me siete speciali, più speciali di altri.

Il Doria è LA storia

Sono in ritardo di un’ora, mi avvicino al bancone e subito Maurizio mi offre un Bombafragola versione “soft”, perché devo guidare. Poco più in là c’è Bruno anzi Nereo (il suo primo nome), proprietario del Doria dal 1972, che sta conversando fitto fitto con un amico della sua età, penso sull’Ottantina. Mi si avvicina e cominciamo a parlare tutti, Maurizio, suo padre, sua madre, l’amico e io.

Affiorano in modo caotico storie, nomi e posti mitici: il Whiskey Notte a Go-Go, locale importato da Parigi dove si poteva conservare la propria bottiglia di whiskey in un armadietto chiuso a chiave; Adriano Celentano, respinto all’ingresso perché portava calzoni e zoccoli; i galà dell’IBA all’Excelsior e le notti di Bruno e Tamara al Des Bains di Venezia. Raccontano che la mattina di Natale, da quarant’anni, Bruno indossa il suo doppiopetto bianco e regala una rosa a ogni donna che entra. E che sono molto amici di Maria Teresa Ruta e “della Guenda”, sua figlia, che ora fa la pianista.

E via così per altre due ore, tra il loro entusiasmo per esserci stati e la mia nostalgia per essermela persa, questa Milano che non c’è più*.

*ma ce n’è un’altra, no problem 😀

1

Cosa ordineresti al bancone del tuo bar se tu non fossi tu?

Un Bombafragola, ovviamente, nato come “bomba alla fragola” a metà anni Ottanta, quando mio papà (Bruno) si inventò questo cocktail per un ragazzo molto timido che voleva fare colpo. “Bevi adagio ché devi fare bella figura“, gli ha detto.

2

Traccia l’identikit del tuo miglior aficionado.

Forse Armando, quello che fa l’albero di Swarovski in Galleria e le luminarie sulla Cupola. È un Hell’s Angels di quelli con la Harley Davidson ed è il sosia di Burt Reynolds. Come molti dei nostri clienti più affezionati, non è di questa zona, viene apposta.

3

Il tuo cliente più assurdo?

Ah ne abbiamo un sacco: Lorenzo detto “Lorenz“, che conosce i proprietari di tutti i locali di Milano, lavora nella moda e ogni sera si mette dietro al bancone con il bicchiere in mano; Mambo Lambo, il nostro commercialista-gigolò di cinquant’anni che se ne viene con la sua Lamborghini nera con a bordo una fiamma international sempre diversa, l’ultima è kosovara. Va matto per Elton John e Julio Iglesias, che canta a squarciagola. Non è assurda ma merita una menzione speciale anche Giulia da Pescara, aspirante cantante ed ecologista, che appena le viene un parente ce lo porta qua per assaggiare il Bombafragola.

4

Perché uno dovrebbe venire qui invece che al bar all’angolo?

Perché il Bar Doria ha tutto un mondo dentro. Ci vogliono scoperta e lentezza, non basta vedere le foto. Tra Tripadvisor, Instagram e Facebook sei bombardato di informazioni, ma sono parziali perché soltanto visive. Il Doria racconta storie sempre nuove ma devi avere la pazienza e la curiosità di scoprirle, serve tempo e bisogna tornare più volte. È un po’ come per un motociclista (Maurizio lo è, ndm): ogni curva è nuova e quando vedo un cartello e lo seguo senza pensarci, poi non me ne pento mai. “Ho avuto ragione anche stavolta”, penso.

5

Qual è il tuo bar preferito dopo il tuo?

Tappa fissa del venerdì era il Principe di Viale Bligny, una balera di liscio che negli Ottanta faceva la serata Tutti Frutti con animazione arcobaleno. Non ci crederai ma ora non vado nei bar: sono astemio.