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Canto antico: musiche dal Sud a LuME

Per una vera esperienza underground, e quando dico underground intendo undeground, LuME è d’obbligo. Non fosse altro che per il fatto di trovarsi letteralmente sotto un ponte. I ragazzi del collettivo universitario di cui vi avevo già parlato qui, sanno fare cultura per davvero: tutto ciò che propongono, dalla musica dal vivo alle jam session al teatro ai film d’essai, è davvero di qualità e, guardate un po’, GRATIS. E poi hanno gusto. La loro nuova sede ricavata abusivamente nel vecchio Magazzino del Verde Pubblico di Porta Venezia (leggasi “ponte di viale Vittorio Veneto”) è dotata di ogni comfort: divani, baretto, ventilatori, lampade antizanzare, manifesti #antifa, modernariato e tante, tantissime lucine Ikea.
Venerdì 22 ci sono i Canto Antico, una formazione di quattro elementi (fisarmonica, toys, chitarra e fiati) specializzata nello studio e nel recupero del repertorio antico del Sud: tamurriate, tarante, pizziche e canti popolari. Roba che li senti e hai voglia di essere terrone – o figlio di terroni – anche tu (anche se il problema non si pone perché 9 su 10 lo sei già). E l’accento che fino a poche ore prima, in call col cliente, avevi cercato di camuffare, ora ti sale che neanche la peperonata di nonna.

Qui si balla, eccome se si balla. Con sorpresa finale: il bronzo calabro Francesco Denaro che a un certo punto impugna la lira e fa un assolo prima dolce come una serenata e poi violento come una faida della Sila. Lui Orfeo, noi Euridici. Perdiamoci nei boschi, Ciccio, perdiamoci nei boschi.

Ahia, mi ha morso un serpente. O sarà una tarantola?